Dal mare di Alessandria ai deserti del Sinai: il fragile filo tra Egitto e Israele

autore: Samuele Schillaci

Era l’11 settembre 1986 quando, ad Alessandria, due uomini si strinsero la mano: Hosni Mubarak e Shimon Peres. Dopo anni di silenzi e diffidenze, parlarono di pace, di confini da sanare, di popoli che attendevano un futuro meno duro. Da quell’incontro nacque il compromesso di Taba, simbolo di una possibilità: che il dialogo potesse vincere sull’ostilità.
Oggi, quasi quarant’anni dopo, il filo che lega Egitto e Israele non si è spezzato, ma appare teso. Da una parte, la forza dell’economia e dell’energia — con i giacimenti di gas a disegnare nuove mappe di cooperazione. Dall’altra, la ferita aperta di Gaza, il confine di Rafah che si chiude come una porta tra fratelli diffidenti, la paura di esodi e l’ombra della sfiducia.
Così la storia si ripete in chiaroscuro: mani che cercano di incontrarsi e muri che sembrano rialzari.  Eppure, il mare di Alessandria sembra ricordarci che, seppur fragile, la speranza di un dialogo resta sempre possibile, sospesa tra la sabbia del Sinai e le onde del Mediterraneo

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